Cesena. Svelato all’Ippodromo il progetto “Muri parlanti” per affermare una cultura dell’incontro e della pace

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Nella mattinata di oggi, sabato 1° giugno, gli studenti della classe 3D della scuola secondaria di primo grado “Viale della Resistenza”, con le loro insegnanti Monica Giunchi, Monia Strada e Sarah Cuccia, hanno celebrato la conclusione del progetto “Muri parlanti” che li ha visti impegnati per diversi mesi nella realizzazione di un murales a tema con l’obiettivo di riqualificare una parte della città. Si tratta di una delle pareti di cinta dell’Ippodromo (situata all’inizio del ponte Europa) trasformata in una grande lavagna interattiva caratterizzata da disegni e tanti piccoli QR code che aprono percorsi di approfondimento da ascoltare e da vedere.

L’opera si sviluppa su tre pannelli: in tutti lo sfondo è un muro dipinto dai cui squarci emergono un grande planisfero, tanti palloncini e una vegetazione lussureggiante. Nelle colonne tre musicisti suonano i loro strumenti per ribadire come l’arte, in tutte le sue manifestazioni, sia capace di rompere e abbattere tutte le barriere.

“Questo – commentano studenti e insegnanti – è il tema di fondo che ha dato avvio all’opera: il desiderio di abbattere tutti i muri nel mondo che sono stati eretti per escludere popoli, delimitare confini là dove vi sono zone di guerra o rotte dei migranti. Se questi sono muri fisici, ve ne sono altri che non si vedono, ma che sono barriere altrettanto pericolose poiché finiscono anch’esse per escludere e creare limiti. Sono i tanti muri che si trovano dentro di noi e che abbiamo rappresentato come palloncini che volano alti nel cielo perché vorremmo lasciarli andare, come il muro dei pregiudizi e degli stereotipi che porta a crearci delle false convinzioni sulle persone, che ci fa giudicarle senza conoscerle veramente o il muro della discriminazione che spesso esclude alcune categorie di persone come stranieri, disabili, omosessuali, e tutti coloro che non rientrano nei canoni di una “normalità” che non esiste”.

“I muri invisibili – proseguono gli autori dell’opera inaugurata questa mattina – sono davvero tanti, da quello dell’omertà in cui il silenzio uccide, a quello delle proprie paure, che ciascuno erge dentro sé stesso e che finisce per limitare la sua stessa libertà. C’è il muro del linguaggio d’odio che separa le persone, che crea conflitti e quello dei social in cui condividiamo le nostre vite con il rischio di rimanere prigionieri di un mondo virtuale dove indossiamo maschere che mostrano agli altri ciò che non siamo, ma che vorremmo essere. Il terzo pannello, infine, mostra un grande squarcio in cui si intravede una città ormai abbandonata che è stata invasa da una vegetazione selvaggia che l’uomo ha imprigionato e distrutto con la cementificazione e l’inquinamento, una natura che si vuole riprendere i propri spazi. All’interno di ogni muro ci sentiamo protetti, ma a ben guardare, finiamo con l’essere solo esclusi da qualcosa”.

In queste parole della famosa scrittrice francese Marguerite Yourcenar si può sintetizzare il messaggio del progetto: “qualunque cosa si faccia e ovunque si vada, dei muri ci si levano intorno creati da noi, dapprima riparo e subito prigione”.

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